Tutto nacque da un incontro in treno con un sacerdote del Burkina Faso che alla domanda: “Cosa potremmo fare per la tua gente?”, rispose: “Venite e vedrete”.  Andammo a vedere.

Giunti a Koupela, il Vescovo della diocesi ci parlò di alcuni villaggi interni particolarmente poveri. Arrivammo a Tampellin, uno di quei villaggi, attraverso una pista di terra rossa che mise a dura prova il nostro fisico e la sgangherata auto che ci ospitava.

Ci recammo a rendere visita al Naabà, re del villaggio, che ci ringraziò della visita con un caloroso Barka, il loro grazie. Poi l’incontro con la gente del villaggio. Accoglienza spontanea e calorosissima. Nei giorni successivi incontrammo i Naabà dei villaggi vicini ed uno di questi ci disse: “Ora tra noi è nata un’amicizia e l’amicizia è come un albero, da oggi in poi dobbiamo averne cura, dobbiamo portagli acqua tutti i giorni per evitare che muoia”.

Tornato in Italia pensai che impegnarmi per la realizzazione di un pozzo sarebbe bastato per tener fede all’impegno assunto con il capo villaggio, sarebbe stata acqua sufficiente per tenere viva l’amicizia con quella gente che forse non avrei mai più visto.

Non avevo messo in conto la generosità di tanti amici italiani e il prezioso dono dell’amicizia degli amici di Tampellin .